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Come Aiutare Chi Soffre di Disturbi Alimentari: Sostenere Senza Giudicare

Hai mai avuto accanto qualcuno che lotta con il proprio rapporto con il cibo e non sapevi come aiutarlo? Ti sei mai chiesto cosa dire, cosa evitare, come comportarti per non peggiorare la situazione? Essere accanto a qualcuno che soffre di un disturbo alimentare può essere difficile, perché il cibo non è il vero problema: è solo la manifestazione di un disagio più profondo.


Comprendere senza giudicare

Uno degli errori più comuni è pensare che un disturbo alimentare sia solo una questione di forza di volontà. Frasi come "Basta mangiare di più" o "Devi solo controllarti" non aiutano, anzi, rischiano di far sentire ancora più soli e incompresi. Un disturbo alimentare non è una scelta: è una condizione complessa che nasce da emozioni profonde, da insicurezze, da esperienze vissute. Chi ne soffre non sta cercando attenzione, né sta "esagerando". Sta lottando con qualcosa che, dall’esterno, può sembrare difficile da comprendere, ma che per lui o lei è una battaglia quotidiana.


L'importanza dell'ascolto

Se vuoi essere di supporto a una persona con un disturbo alimentare, il primo passo è ascoltare. Non cercare di dare soluzioni immediate, non minimizzare il problema, non giudicare le sue scelte. Chiedi come si sente, fai capire che sei presente, offri uno spazio sicuro in cui possa esprimersi senza paura di essere criticata. A volte non serve dire nulla, basta esserci. Far sentire una persona accolta, compresa, non sola, è già un passo importante.


Cosa evitare quando si parla con qualcuno che soffre di un disturbo alimentare

Spesso, senza volerlo, si rischia di dire cose che possono ferire o aumentare il senso di colpa. Evita di fare commenti sul peso, sull’aspetto fisico, sul cibo. Anche una frase detta con buone intenzioni, come "Ti vedo meglio" o "Hai un aspetto più sano", può essere interpretata negativamente. Non insistere affinché mangi di più o di meno, non mettere pressione, non trasformare il pasto in un campo di battaglia. Il cibo è solo la punta dell’iceberg, e concentrarsi solo su quello rischia di far perdere di vista il vero problema.

Un altro aspetto fondamentale è evitare di paragonare l’esperienza della persona a quella di altri. Ogni disturbo alimentare è diverso, ogni storia ha le sue radici. Dire "Anche io una volta ho fatto una dieta" o "Anche a me capita di abbuffarmi" rischia di sminuire ciò che sta vivendo. Non è una questione di dieta, non è un capriccio, non è una fase: è un dolore reale che merita ascolto e comprensione.


Essere presenti senza diventare salvatori

Aiutare qualcuno con un disturbo alimentare non significa prendersi la responsabilità di "guarirlo". Puoi essere un punto di riferimento, ma il cambiamento deve partire dalla persona stessa, con il supporto di professionisti. Non sentirti in colpa se non riesci a "farla stare meglio", perché il tuo ruolo non è quello di risolvere il problema, ma di offrire sostegno e vicinanza.

Essere di supporto può essere difficile, e a volte frustrante. Ci possono essere momenti in cui la persona sembra migliorare e altri in cui regredisce. Ci possono essere giorni in cui si chiude in se stessa, in cui rifiuta aiuto, in cui respinge chi le sta vicino. Non prenderlo sul personale: il disturbo alimentare parla attraverso di lei, la paura di cambiare può essere più forte della volontà di guarire. La cosa più importante è non smettere di esserci, anche quando sembra che il tuo aiuto non sia apprezzato. Sapere di poter contare su qualcuno fa la differenza, anche se non viene espresso apertamente.


Il ruolo della psicoterapia nel percorso di guarigione

Se una persona a cui tieni sta affrontando un disturbo alimentare, incoraggiarla a chiedere aiuto a un professionista può essere uno dei passi più importanti. La psicoterapia offre uno spazio sicuro in cui affrontare le cause profonde del disturbo, imparare a gestire le emozioni senza ricorrere al cibo, ricostruire un rapporto più sano con il proprio corpo. Non è un percorso facile né immediato, ma con il giusto supporto, il cambiamento è possibile.

Forse oggi puoi iniziare con un piccolo passo: chiedere come sta davvero, senza parlare di cibo, senza forzare nulla, semplicemente offrendoti come presenza sicura. Perché non devi avere tutte le risposte, non devi "salvare" nessuno, ma puoi essere un punto fermo in un momento di grande fragilità. E questo, spesso, è già tantissimo.

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