Rimodellare l’identità: le sfide del vivere all’estero
- Psicoterapeute Milano
- 14 lug
- Tempo di lettura: 3 min
Decidere di trasferirsi all’estero è una decisione importante, e dietro l’entusiasmo iniziale a volte si nascondono sfide psicologiche profonde che spesso passano inosservate. In questo articolo esploriamo cinque aspetti critici per aiutare chi vive lontano da casa a riconoscere i segnali di disagio e adottare strategie concrete di benessere.
1. L’ambiguità identitaria silenziosa
Molti expat non si rendono conto di vivere un vero e proprio doppio rimodellamento della propria identità. Ogni giorno mettono in scena versioni diverse di sé in base alla lingua parlata, alle norme culturali e alle aspettative sociali. Spesso non riconoscono di sentirsi “fuori posto” perché ignorano che esista una parola per descrivere questo stato: l’ambiguità identitaria. Un accento particolare, una battuta che non rende e un comportamento percepito come “strano” possono generare frustrazione e senso di inadeguatezza. Nel lungo periodo, questa tensione costante tra “chi ero” e “chi devo essere” può sfociare in ansia e calo di autostima.
Piccola strategia: può essere utile dedicare qualche minuto ogni giorno a scrivere un breve appunto sul “te attuale” e confrontalo dopo qualche settimana. Osservare l’evoluzione del tuo sé aiuta a integrare le parti in conflitto e a focalizzare quali sono le parti della tua identià che faticano ad emergere nel nuovo contesto.
2. La stanchezza da adattamento continuo
Adattarsi a uno nuovo stile di vita non è un evento a tappe fisse, ma un percorso senza una fine prestabilita. Anche quando credi di avere le redini del nuovo contesto, basta un piccolo cambiamento nella routine costruita con fatica a riattivare una serie di preoccupazioni. Il cervello resta in stato di allerta per riconoscere segnali di pericolo o di novità, ogni piccola disparità culturale è valutata come potenziale minaccia o ostacolo e la conseguenza è un affaticamento cognitivo ed emotivo.
Piccola strategia: stabilisci rituali di decompressione dopo il lavoro. Può bastare una breve passeggiata, qualche pagina di un romanzo familiare o una serie TV in lingua madre. Attivare delle routine che facciano sentire in una zona di comfort è molto utile al rilassamento.
3. Il peso delle piccole decisioni quotidiane
Nel paese d’origine tantissime scelte erano automatiche. Da expat, invece, ogni acquisto, ogni percorso e perfino la prenotazione di un esame medico richiedono ricerca, confronti e traduzioni mentali. Questo accumulo di “micro-decisioni” sottrae tempo ed energie e la sensazione di affaticamento cresce perchè non ci sono momenti di pausa automatica. In certi casi quindi si arriva anche ad evitare del tutto alcune scelte, rimandandole all’infinito (la cosiddetta paralisi decisionale).
Piccola strategia: crea delle liste fisse per gli acquisti, identifica momenti precisi per le pratiche burocratiche e usa la regola del “meno di tre opzioni” per ridurre il carico mentale.
4. L’erosione del senso di sicurezza
La sicurezza emotiva poggia su riferimenti stabili: casa, famiglia, lingua, rete di amicizie. Da expat, possono mancare tutti e quattro contemporaneamente, lasciando un vuoto che né la bellezza del luogo né le esperienze nuove riescono a colmare. Anche in una metropoli accogliente, l’assenza di un “centro” solido può innescare sentimenti di spaesamento. Le abitazioni temporanee e gli amici in continuo cambiamento alimentano il senso di precarietà e l’assenza di radici profonde, anche un periodo breve di malattia o di crisi professionale può innescare sentimenti difficili da gestire.
Piccola strategia: definisci uno “spazio sacro” personale. Un angolo nell’appartamento, un punto in cui posizionare le fotografie a cui tieni di più o gli oggetti che veicolano più ricordi così da avere sempre un punto fermo a cui tornare.
5. La nostalgia adattativa sottile
La nostalgia non è solo tristezza per ciò che è passato: spesso diventa un filtro che rende ideale ciò che realmente era imperfetto. In questo modo ogni difficoltà presente sembra amplificata dal confronto col “prima” idealizzato. I ricordi si concentrano sui momenti felici, cancellando i problemi quotidiani che pure esistevano e questo paragone continuo rallenta l’integrazione del nuovo, rischiando così di rimanere intrappolati in un passato dorato, privandosi delle opportunità.
Piccola strategia: ogni volta che provi nostalgia, annota qualcosa che hai imparato nella nuova vita. Ti aiuta a spostare l’attenzione alle piccole vittorie di oggi.
Le sfide meno appariscenti del vivere all’estero possono logorare l’equilibrio emotivo. Riconoscerle e affrontarle con consapevolezza è il primo atto di cura verso se stessi.
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